Il sostegno della famiglia è essenziale durante il trattamento della malattia di Alzheimer
Oltre alla memoria, la malattia causa impatti nel quotidiano del malato, limitando la sua capacità di svolgere attività comuni.
Karine Salles
Mercoledì | 16 Marzo 2016 | 16:04 | Ultimo aggiornamento: 22 Settembre 2016 ore 16:07
La malattia di Alzheimer inizia con piccole dimenticanze ed i suoi sintomi possono venire confusi con il naturale processo di invecchiamento. Ancora senza cura, la malattia provoca la perdita delle funzioni cognitive tali come la memoria di fatti recenti e antichi, difficoltà nel linguaggio e disorientamento spazio-temporale. «A qualsiasi età si possono avere vuoti di memoria, persino da bambini, ma quel che si vede nelle persone che stanno cominciando a sviluppare la malattia è che si fanno sempre più frequenti e che cominciano a interferire nel loro quotidiano» avverte il neurologo brasiliano Paulo H. F. Bertolucci, responsabile del settore di Neurologia del Comportamento della Scuola Paulista di Medicina (UNIFESP).
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A partire dai 65 anni d’età le probabilità di avere questo male raddoppiano ogni cinque anni. Inoltre le persone con uno storico familiare hanno maggiori probabilità di svilupparlo in futuro rispetto a quelle senza antecedenti. Anche la pressione, il diabete, l'obesità, il fumo e la sedentarietà sono fattori che possono contribuire alla manifestazione precoce della malattia.
Dipendenza, disturbi del sonno, alterazioni/disturbi del comportamento alimentare e aggressività possono apparire con il progredire della malattia. Non vi è ancora nessuna cura per la malattia di Alzheimer o medicinali che possano interrompere, modificare o addirittura impedire il suo sviluppo, ma per fortuna c'è un trattamento. In un'intervista al programma televisivo brasiliano Vida Plena, della Boa Vontade TV, la neuropsicologa Gisele Calia ha osservato che l'unione e il sostegno dei familiari sono cruciali nella vita del paziente affetto da Alzheimer. Ecco alcune delle domande risposte agli spettatori:
«Mio marito ha l’Alzheimer in fase iniziale. In che modo posso aiutarlo a combattere la malattia e cosa posso fare quando non si ricorderà di me?»
Dr.ssa Gisele – Penso che sia l’angoscia principale. Può sembrare che tutto ciò che è stato vissuto sia stato invano e pensi: «dove se n’è andato tutto questo?». A volte il disagio familiare è molto superiore a quello del paziente. [...] E questo porta ad una questione molto importante: I membri della famiglia possono aiutare, in primo luogo, non affrontando il paziente. Soprattutto all'inizio è importante non dire, per esempio, «No, tu hai problemi di memoria!» oppure: «Smettila! Tu sei malato!» perché lui non lo riconoscerà. Questo atteggiamento non è d’aiuto. Quando non si ricorderà più di te una cosa che può aiutare sono gli album fotografici: è qualcosa che la memoria più antica delle persone anziane che hanno Alzheimer meglio conserva perché la memoria colpita dalla malattia è di solito la più recente. È come se il paziente ritornasse al passato. [...] In questo senso l'affettuosità è di primaria importanza. Le persone affette dalla malattia di Alzheimer sono molto più sensibili, tornano ad essere quasi come bambini. Così la famiglia deve dargli molto sostegno, affetto, aiutarle a ricordarsi di cose pratiche come per esempio prendere una medicina, l’igiene personale. Tutto questo aiuta il paziente a condurre una vita dignitosa e di qualità.
«Mio padre ha 72 anni e ha la malattia di Alzheimer. Pur avendo sempre avuto una vita sana ha ricevuto la diagnosi. In che modo posso aiutare mia madre a capire questa sfida?»
Dr.ssa Gisele – La cosa più importante è non lasciare che la madre affronti il problema da sola; è necessario che tutti i membri della famiglia si uniscano. Se la responsabilità viene affidata ad un’unica persona la probabilità che quest’ultima, in questo caso la madre, entri in stato di stress e che si ammali prima del marito è piuttosto grande. Quindi è veramente importante a volte farla uscire da questa situazione perché la madre non è malata; pertanto continua ad aver bisogno di passeggiate, di altri tipi di chiacchierate. È fondamentale supplirla con questo in modo che al momento di tornare a stare insieme al padre malato, lei possa sentire la mente più tranquilla e riesca ad accettare meglio la situazione. Perché uno dei problemi maggiori è che il paziente non ha sequele fisiche e non sembra essere malato. Così a volte, automaticamente, la persona viene trattata come se fosse la stessa; ma non è così. Proprio per questo, quanto più la famiglia cerca informazioni e l’aiuto medico e di associazioni specializzate, tanto più il trattamento è migliore.
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