Prevenzione del suicidio: lottare per la vita è sempre la cosa migliore
È impellente combattere il suicidio, causa di un milione di decessi all’anno nel mondo.
Della Redazione
Lunedì | 18 Agosto 2014 | 11:17 | Ultimo aggiornamento: 22 Settembre 2016 ore 17:01
La cifra stimata di circa un milione di suicidi all'anno è molto preoccupante, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). In media, in Brasile ci sono 24 suicidi al giorno. Il numero corrisponde a 9.000 decessi all'anno ed è considerato elevato, dato che l’AIDS, per esempio, è la causa di poco più di 10 mila decessi. Secondo il rapporto "Mappa della Violenza 2011" elaborato dall’Istituto Sagari e dal Ministero della Giustiziadel Brasile, il tasso di suicidi tra i giovani brasiliani supera quello degli adulti, contrariamente a quanto avviene nella maggior parte degli altri paesi. Nel periodo tra il 1998 e il 2008, gli indici sono aumentati del 17%.
Per dimostrare la gravità del problema nel mondo rispetto ai dati locali, lo psichiatra José Manoel Bertolote, professore dottore del Dipartimento di Neurologia, Psicologia e Psichiatria dell’Universidade Estadual Paulista Júlio de Mesquita Filho (UNESP) e consulente dell’OMS sul tema, recentemente ha presentato alcuni dati illustrativi. "La città di Botucatu, in Brasile, oggi conta 130 mila abitanti. In tutto il mondo ogni anno circa sette città della grandezza di Botucatu muoiono a causa del suicidio", ha paragonato. Si noti che in questa indagine non sono stati considerati i dati sui tentativi di togliersi la vita, i cui numeri, per esempio negli Stati Uniti, sono 40 volte superiori a quelli dei suicidi consumati.
Con base anche sugli studi dell'OMS, l'esperto sottolinea una constatazione preoccupante: ossia che i giovani sono sempre più inclini ad adottare un comportamento suicida. Oggigiorno sarebbe già la terza causa di morte tra la popolazione economicamente attiva tra i 15 ed i 44 anni d’età, nonché la seconda per i giovani tra i 15 ed i 19 anni. Un altro segmento che ispira cautela è quello degli anziani, i cui tassi di suicidio sono relazionati all'abbandono e alla solitudine in cui molti di loro vivono, a volte indeboliti da malattie croniche o degenerative.
A suo parere, qualsiasi malattia che possa duplicare nel giro di 20 o 30 anni dovrebbe esigere misure drastiche da parte delle autorità. “E questo in Brasile non è successo. Alcuni studi dimostrano che se prendiamo i giovani tra i 15 ed i 25 anni [possiamo notare che] l'aumento dei suicidi negli ultimi 20 anni è ancora maggiore. Si tratta di un aumento brutale dei suicidi tra i giovani di sesso maschile" ha detto.
Autore del libro lanciato da poco O suicídio e sua prevenção [Il suicidio e la sua prevenzione] in cui si trovano informazioni e strategie per prevenire il problema, il dott. Bertolote cita studi di vari paesi che hanno indicato i fattori di rischio più comuni. Così, oltre all'alcolismo e alla droga, "dietro al 90% dei suicidi nel mondo occidentale c’è una malattia mentale (soprattutto la depressione e la schizofrenia)".
Dinnanzi a fattori indicatori di rischio dobbiamo restare attenti per poter prestare un supporto solidale. "Questo è ciò che dobbiamo fare, avvicinarci a coloro che danno segni di non star bene. Può essere d’incomodo, la gente chiedere: 'Oh, come stai?' e nessuno vuole saperlo davvero poiché si tratta soltanto di una forma di gentilezza. A volte la persona dice 'Oh, sto benissimo', ma dentro è marcia ... Ora, se tu arrivi e dici: 'Guarda, io sto vedendo che non stai bene. Posso fare qualcosa per te? Posso aiutarti?'. Allora probabilmente tu sarai costretto a smettere la tua attività e accompagnare questa persona da qualche parte, ma agendo così potrai salvare una vita".
SOFFERENZA
L'informazione è fondamentale nel compito di prevenire i casi di suicidio, secondo il parere del Dottore in Psicologia Blanca Susana Guevara Werlang, docente titolare presso la Facoltà di Psicologia della Pontifícia Universidade Católica do Rio Grande do Sul (PUC-RS), e coordinatrice del Gruppo per la Prevenzione ed Intervento sul Comportamento Violento della PUC, in Brasile. "Le persone non possiedono informazioni sul suicidio, ci sono ancora molti tabù intorno all’argomento. Ad esempio, se il professionista dell’educazione avesse più conoscenza dei fattori di rischio, quali sono i fattori di protezione, quali comportamenti possono denunciare questa predisposizione anche lui potrebbe aiutare, parlare con la famiglia, fare l’incamminamento ad uno psicologo, ad uno psichiatra, o ad un altro settore specifico della salute pubblica", ha detto.
La dott.ssa Blanca Werlang sottolinea che studiare il comportamento suicida significa anche discutere la questione della sofferenza. "Queste persone soffrono molto. A volte può anche darsi che l'idea non sia quella di morire, ma bensì di arrestare questo dolore insopportabile". Secondo la specialista si stanno verificando delle anomalie nello sviluppo psichico individuale: "La persona comincia ad accumulare una tensione psichica, delle sofferenze psichiche. Se si comunica poco con gli altri, se ha problemi familiari, se non ha un riferimento spirituale — qualunque esso sia — se ha pochi amici, finisce con il soffrire molto".
Considerato un disturbo clinico di molteplici cause, il suicidio è un evento complesso. "Il fatto che una persona abbia un disturbo depressivo non significa che si suiciderà. Esistono fattori sociali, economici, familiari, spirituali. È la combinazione di tutti gli elementi che la spinge effettivamente a disorganizzarsi psichicamente e a edificare una sofferenza insopportabile".
La psicologa si dimostra preoccupata anche in relazione agli alti indici di circostanze di questo tipo tra la popolazione più giovane, per le quali la dott.ssa Blanca vede come importante fattore la mancanza di riferimenti. "La sensazione che si ha è quella che la famiglia trasferisce la responsabilità alla scuola, la scuola alla famiglia; la società poi non assume nessuna responsabilità; le figure di rappresentatività sono molto confuse. (...) Oggigiorno i valori della fratellanza, i valori spirituali, la questione di non far del male all’altro, di imprestare e condividere le cose con gli altri sono cose dimenticate. La religiosità è un fattore protettivo così come avere buoni rapporti familiari", ha spiegato.
L’IMPATTO SULLA FAMIGLIA E SUGLI AMICI
La morte di una persona che ha deciso di abbandonare la vita tende ad essere difficile da superare per la famiglia e per gli amici. La giornalista Paula Fontenelle ha vissuto da vicino questa realtà: il suicidio del padre, nel 2005. Alla ricerca di risposte, ha dedicato tre anni della sua vita a indagare l’argomento studiando diversi casi e intervistando psicologi e altri specialisti. Il risultato di questo lavoro è il libro Suicídio, o futuro interrompido — Guia para sobreviventes [Suicidio, il futuro interrotto - Guida per i sopravvissuti].
Nel libro l'autrice dimostra l'importanza di seguire di più le persone più vicine a colui che ha commesso l'atto disperato, come pure la necessità di rompere il silenzio che le circonda. "Nella letteratura di questo campo di studi, si chiama ‘sopravvissuto” chi ha perso qualcuno a causa del suicidio perché dovrà convivere con questo fatto per tutta la vita e sopravvivere al dolore di questa perdita, che è un dolore differente ... Perché quando tu perdi una persona a causa di un incidente, di una malattia o per cause naturali ne parli a tutti, e tutti ti chiedono cos’è successo. Questo fa parte del lutto, ne parli con gli altri. Ma in caso di suicidio nessuno chiede, nessuno vuole sentire. (...) Ricordo che la nostra famiglia ha vissuto questa esperienza".
La giornalista ritiene inoltre che, in qualche modo, l'aggressione dell'atto ripercuote su coloro che sono più vicini. "Nel caso in cui la persona muore, è normale spaventarsi, tu non credi che l'abbia fatto davvero, dopo cominci a sentirti in colpa: 'Come ho fatto a non accorgermene?'. Il senso di colpa è normale, così come la rabbia... 'Come ha potuto farmelo? Che irresponsabile! Come ha potuto agire così nei confronti di suo figlio?' ".
Nel fare un ammonimento e per aiutare a combatterlo, il libro indica i principali segnali di comportamento suicida. "La fede è molto importante, è uno dei fattori cruciali che sostengono alcune persone. La fede in Dio, in un Essere Superiore, indipendentemente dalla religione che si segua, è un appoggio molto simile a quello di una persona che ti tende la mano. La fede è credere nel futuro, credere sempre che quello lì [dolore, sofferenza ...] passerà".
Nel caso in cui una persona cara stia manifestando tali segni, la giornalista consiglia prima di tutto di aprire un canale di comunicazione dandole attenzione, e poi cercare di capirla, di facilitarle lo sfogo. "Un'altra cosa molto importante che i medici dicono è quella di tentare di fare una sorta di patto con la persona: 'Guarda, dammi un mese di tempo per vedere se migliori o no. È tutto ciò che ti chiedo'. L'ho fatto con una mia amica ... l’ho portata da uno psichiatra, e lei è ancora viva ".
IL POTERE DELLA PREGHIERA
Il sentimento di religiosità per quelli che patiscono è stato un valido alleato nella ripresa dell’autostima e della voglia di vivere. Oltre all'esercizio della preghiera e della meditazione, comprovatamente in grado di ausiliare l'equilibrio del corpo e dell'anima, il fatto che una persona appartenga ad una comunità religiosa è già un sostegno sociale piuttosto favorevole nei momenti di intensa sofferenza.
Il presidente e predicatore della Religione di Dio, del Cristo e dello Spirito Santo, Paiva Netto, sostiene che nei momenti di difficoltà, quando non sembra esserci via d'uscita per alcune questioni, ricorrere alla preghiera e per suo intermedio ottiene la forza per superare gli ostacoli . Nel suo articolo "Anche l’ateo può pregare” indica: “La Preghiera non è il rifugio dei codardi né degli oziosi. Essa ci eleva, il lavoro ci realizza. Il Papa prega, il Dalai Lama medita, Chico Xavier pregava, i rabini intonano le loro suppliche, gli evangelici cantano le loro lodi a Dio, gli islamici recitano il Sacro Corano... Che cosa è la Preghiera se non l’Amore che ci dispone per i grandi fatti? Un fratello ateo, quando realizza un atto in beneficio alla collettività sta pregando. Pregare non è un’azione semplicemente figurativa. È il più forte strumento che l’essenza umana, il Capitale di Dio, possiede. Come affermava il monaco cattolico tedesco Tomás de Kempis (1380-1471), nell’Imitazione di Cristo, ‘sublime è l’arte di parlare con Dio’.”